“Elevator Innovation Hub nasce davanti alla macchinetta del caffè”, una zona che favorisce l’interazione: “Prestiamo molta attenzione agli spazi comuni, perchè è importante stimolare il più possibile la condivisione di idee“. Il polo tecnologico, fondato ad inizio 2019 e situato nel cuore di Vicenza, riunisce diverse startup e aziende del territorio con l’obiettivo di dare slancio a progetti innovativi, attraverso la connessione e contaminazione tra le realtà: “Per noi open innovation significa creare opportunità di crescita, agevolando lo sviluppo di nuovi business“, racconta il CEO Matteo Pozzi in una chiacchierata con VenetoUP.
Di cosa ti occupi?
“Sono un ingegnere elettronico, la mia azienda – ormai ex startup – si occupa di progettazione elettronica, sviluppo firmware e software. Svolgiamo attività di ricerca e sviluppo in outsourcing per le aziende e, nel corso degli anni, il team si è particolarmente focalizzato su progetti che riguardano la visione artificiale. In diverse occasioni ci siamo trovati ad affrontare problemi legati alla visione artificiale per primi al mondo, con tutte le difficoltà che ne conseguono”.
Come nasce Elevator Innovation Hub e quali servizi offre?
“Nasce davanti alla macchinetta del caffè dove io, Rosanna Lovato e Giovanni Simonetto ci siamo trovati quasi per caso a chiacchierare. E’ scaturita così l’idea di trasformare la vecchia sede di Lovato Gas in un polo tecnologico. Elevator Innovation Hub è, dunque, frutto dell’interesse per l’innovazione e per il mondo imprenditoriale, una passione che va oltre i numeri. È successo tutto piuttosto velocemente, ci siamo subito attivati e nel giro di tre mesi l’hub ha preso forma. Mettiamo a disposizione uffici, laboratori e spazi di produzione con formule diverse. Alle startup garantiamo canoni convenienti e servizi gratuiti e lo stesso assicuriamo ai ricercatori universitari, cercando quanto più di agevolare le nuove idee imprenditoriali.

Sono presenti sale riunioni, offriamo servizi di connettività, che riteniamo fondamentale, e di gestione per gli uffici in modo che le aziende possano dedicarsi solamente al business. Forniamo servizi di mentoring rivolto soprattutto alle startup: stiamo realizzando un programma di accelerazione che comprende attività di consulenza nella gestione d’impresa e di marketing e comunicazione”.
Quali sono le opportunità più rilevanti che le aziende apprezzano?
“Per le startup il vanto è di avere a disposizione una sede di rappresentanza all’interno di un polo innovativo. Molto spesso le nuove realtà sono costrette ad avviare un progetto in un “garage” ed è molto penalizzante perchè, soprattutto nel nostro Paese, si bada molto all’immagine. Le aziende gradiscono anche la professionalità con la quale ci rivolgiamo ai loro clienti, grazie ai servizi di reception e alle gestione delle chiamate. In generale, viene apprezzata l’opportunità di trovarsi in un luogo dove non occorre pensare alla risoluzione di eventuali problemi tecnici o guasti non prevedibili, per esempio”.
Quante sono le startup che Elevator Innovation Hub ad oggi ospita?
“Ci sono quattro startup – che operano in campo medico, economia circolare e nel settore tessile – e in tutto contiamo 18 aziende. L’ambiente riunisce realtà innovative, di consulenza, liberi professionisti e divisioni R&D di grandi aziende. Per noi il tema di open innovation è molto importante e riteniamo possa funzionare in modo efficace soprattutto in luoghi condivisi, dove è facile incontrarsi e scambiare due chiacchiere”.
Se, e come, si contaminano tra loro le varie realtà?
“Quando si condividono gli spazi è naturale la contaminazione. Sono già nati progetti in collaborazione tra diverse aziende del nostro hub, proprio perchè le professionalità sono differenti e fare squadra è utile. Per questo cerchiamo di stimolare il più possibile l’interazione: prestiamo attenzione a tutti gli spazi comuni anche, banalmente, alla zona della macchinetta del caffè.

Abbiamo allestito una sala riunioni open space nel bel mezzo di un corridoio, da utilizzare quando non ci sono problemi di riservatezza al fine di sfruttare un’intromissione esterna che potrebbe dare il suo contributo”.
Qual è stata la sfida più difficile nell’era della pandemia per le realtà e cos’è ragionevole aspettarsi per il prossimo futuro?
“La difficoltà più rilevante è rappresentata dal continuo cambiamento delle normative. La politica e le istituzioni sono, solitamente, il più grande intralcio: è questa la sfida più grande. L’innovazione in Italia trova molti ostacoli e bisognerebbe dare una svolta a cominciare dalle istituzioni. Al contrario, la pandemia ha creato numerose opportunità anche in termini di gestione. Il Covid, infatti, ci ha dato l’occasione di agire per migliorare la nostra organizzazione interna e ha dato forte impulso per incrementare l’aspetto qualitativo”.
Perchè è così difficile fare impresa in Italia?
“Sicuramente a causa della burocrazia, che rappresenta un grosso ostacolo. Più in generale, credo che parecchie difficoltà derivino dalla mancanza di collaborazione, cioè dalla poca capacità e volontà di fare squadra. Ognuno guarda al proprio orticello, senza spirito di condivisione e con la voglia di tenere ben stretti i propri segreti. E per questo, spesso e volentieri, l’open innovation non viene vista come opportunità di crescita”.
Cosa consiglieresti a un giovane che si appresta ad avviare una startup?
“Di buttarsi. Di tapparsi le orecchie e non ascoltare le dicerie, quelle del ‘non hai futuro’. Bisogna provare e crederci”.
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